~ " nella vita le cose passano sempre, come in un fiume…in un attimo te le trovi dietro alle spalle e devi andare avanti.Ti aspettano cose nuove." Niccolò Ammaniti
Ventuno, zerouno, ventidue. Bellina questa data, 21+01= 22. La data di oggi. Oggi che si riprende il corso di scrittura.
Giovanna ci accoglie pimpante e segretamente stanca dopo le due ore con il corso precedente. Stanca: sì, io lo so cosa vuol dire fare due ore a seguito di due precedenti. Ma tant’è, è così, lei ci sa fare e noi ci si illude come la prima volta e ci piace così. A lei pureeee!!!
NOI che entriamo festanti e un po’ trafelati abbiam timore del ritardo del pass della mascherina dell’ambiente chiuso/ aperto… farà caldo o freddo si apre si chiude chi contatto chi quarantenato chi sano…questioni del periodo, ma ! Noi torniamo. Convinti. A farci spremere o a farci creare e ricreare, non lo sappiamo. TORNIAMO ci siamo. Ci accomodiamo. Teniamo la mascherina a posto sul naso.
Lei, Giovanna, idem.
Lei, Giovanna lancia la sfida: Lasciatevi trasportare dalla penna… andate dove vi porta…fate una narrazione spontanea, argomentate… tipo…Paolini!
Impossibile. Questo il mio flash razionale.
Soffoco il retropensiero profondo: non ci vengo più. Non mi freghi più. Non voglio!
Impossibile: perché la scrittura è roba mediata dal linguaggio, dalla sintassi. È pensiero tradotto in parole. Fosse pittura, qualcosa di astratto potrei produrre spontaneamente. Astratto, perché poi sono gli altri a darci significato e significante robe intellettuali, magari mi sentirei anche brava.
Ma scrivere…argomentare…ahahhahahah
Mi viene in mente quella mia conoscente che sa narrare, e di ogni banale evento sa fare scena, e recita l’argomento come attrice consumata e lo rende interessante. Vende ogni sciocchezzuola come oro zecchino, onestamente? Insopportabile. Sono una pessimista incallita e fiera. Lei è felice nel suo mondo narrato a lustrini. Non è il mio mondo.
E questa Giovanna ora viene e a sorpresa mi chiede di narrare, argomentare, lasciare andare la penna… a me! Che stasera volevo lasciar perdere il periodo peso che mi porto dentro, volevo volare, vagare impegnarmi con decisione verso altro.
NO, mi tocca vuotare il sacco! perché son così. Senza autocontrollo, ho un peso e lo esprimerò.
Le notizie della pandemia mi hanno stufato.
Il rischio Berlusca al Quirinale è un fantasma in casa.
Il freddo mi ha stancato, voglio la primavera e le giornate di sole e più lunghe.
Ma quel che mi lacera è la nipotissima che ha un difetto di vista importante. Stamattina alla seconda visita oculistica ha dato il peggio di sé e condotto per la sua strada impervia sia l’oculista che si è arrabbiata, la madre che è stata asfaltata e che ora balbetta come non l’avevo mai sentita. E me che ho sbagliato strada mentre guidavo per tornare a casa.
Lei voleva andare al parco. Si è addormentata. Esausta, stanca di averci trascinate di peso nel suo rifiuto.
L’invito di Giovanna è troppo impegnativo per me. Stasera.
Ecco qui il nome da me ripetuto tante volte, in questo momento una certa tenerezza mi strugge e mi trema un po’ il Kore. La mi’ nonna, lei mi avrebbe ripreso, si dice la mia , non la mìi’, non parlare in vernacolo… Era maestra, maestra proprio dentro.
Piano devo andare piano, la tenerezza i racconti della nonna del nonno, della mia cara zia Elda si affollano.
Era la figlia dell’Annina, e del farmacista . Lei rimase con il babbo, conobbe tutte le governanti che affollarono l’alcova. Lei era buona, silenziosa e ligia al dovere. Andò a scuola presto era intelligentissima, classe 1908 era già diplomata nel 1924. dopo due anni passò di ruolo.
Aveva poco più di sedici anni quando aveva iniziato ad insegnare. Iniziò a lavorare a Montagnana Pistoiese, in quella montagna piena di castagne, dove nel periodo della raccolta la scuola chiudeva…e gli alunni erano montanari enormi, più alti di lei. Il primo che la mise alla prova se la vide brutta: la nonna lo prese per la vita lo alzò e lo buttò letteralmente per le scale della scuola. Il giorno dopo il ragazzo tornò con il viso gonfio: le aveva prese anche da sua madre..”.non si manca di rispetto alla Maestra”, con in mano un sacchetto di farina dolce di castagne, nell’altra una padellina di necci e ricotta.
Soggiornava alla pensione Livi, dove ci trovò marito… Il maggiore di 5 figli, il nonno Fabio, appassionato come lei di musica classica e lirica…Nonna non smise mai di lavorare, anzi aiutò il fidanzato a superare il concorso alle Poste. Entrambi furono trasferiti a Firenze. Ebbero due figli, mia madre Anna e Paolo.
Non andavano d’accordo. Il nonno soffriva della lontananza della sua montagna,del calore del camino, della donna a casa ….
la nonna era maestra, cittadina, la casa era piena di allievi a ripetizione, nonna le dava anche per il liceo, poi iniziò anche mia madre a dare ripetizioni di greco..
Paolo era studente di conservatorio.In casa o si faceva lezione o si suonava il pianoforte.. per il nonno era dura…..il suo motteggio era “non si muove foglia che Matilde non voglia”, oppure “ solo il suo, per carità ha odor di santità”
e le scenate.. le scenateeeee . La mia mamma somatizzò con il mal di testa.
Oltre l’accordo musicale non si andava…dopo 21 anni di matrimonio si separarono … io ero neonata, metà degli anni 50, ci voleva coraggio anche allora per fare una scelta simile.
Lei è stata la mia nonna speciale, sapeva parlarmi, sapeva darmi quella quiete e il silenzio che amavo, sapeva farmi quelle coccole che desideravo, si prendeva cura di me..tanto che mio padre e il pretaccio pensarono bene di allontanarmi da lei in seguito, quando ero più grandicella.
Però sono diventata maestra anch’io Tiè..
Ecco pensando a lei, alla nonna, recupero questo che ho scritto due anni fa, Chissà che proprio lei mi abbia tenuto in braccio nei momenti peggiori
io, che ero una ragazza libera e incoscente, che amavo l’amore e i ragazzi
io, che frequentavo gli scouts ed ero felice di andare via di casa
io, che assistevo la famiglia con i mei fratelli e il babbo, quando SPESSO mamma era malata
io, che andavo bene a scuola studiando poco e facendo tanto in casa e con gli scouts
io, che durante una caccia grossa all’uomo, sono rimasta prigioniera
io, che ho custodito e nascosto la mia Anima Bambina, per farla sopravvivere
io, che ho imparato a chiudere gli occhi, e resettarmi per non soffrire nello stupro fisico e morale
io, che ho sperato di fuggire cambiando “acquario”
io, che ho “bagnato la corda” per 28 anni
io, che ho ascoltato il pianto dell’Anima Bambina
Io che ho saltato la scogliera e ora finalmente sono libera di amare ancora, insieme alla mia Anima Bambina.
Sì nostalgia , una botta di nostalgia di quella pesa, che lascia un po’ senza fiato e se vuoi respirare devi piangere un po’…proprio come da piccola, quando mi mancava la mamma ..
Nostalgia di che? del clima di relazioni serene,
nostalgia di poter parlare con qualcuno non solo in virtuale,
nostalgia di guardare negli occhi (marroni e celesti, 🙂 va specificato!!)
e vederci il sorriso o il cruccio, non solo immaginarlo,
nostalgia del turno al bagno perché non sei sola vivaddio!! (con due bagni sempre vuoti)
della proposta del pranzo e della cena magari dopo la colazione del mattino
proprio come si fa in una famiglia normale.
Nostalgia di una normalità serena
dato che ESISTE davvero la possibilità di non dover camminare sempre “sull’ova” perché come apri bocca sbagli.
Ancora un regalo impagabile da lei: Claudia,
da mamma Maddalena e papà Domenico ( mi pento di non averli fotografati insieme , magari di nascosto ..)
che mi hanno regalato tanto bene,tanta serenità, tanto cuore.
mi chiede chi sono i miei eroi, ed io gli rispondo così… sono loro e i loro amici
PASTICCA (alias Paolo Mazzinghi)
e
CATERINA BELLANDI
UNA BELLA STORIA!
C’era una volta un taxi, il più colorato e bizzarro del mondo. E c’è ancora. Gira a Firenze, si chiama “Milano 25” e alla guida c’è la persona che ha scritto questa favola: è Caterina Bellandi. Chi ha bisogno di ritrovare il sorriso chiama il suo radiotaxi e in cinque minuti arriva una ventata d’energia, col sorriso di “Zia Katerina”, vestita come una fata, con un grande cappello a fiori.
La storia…
Per anni lavora in un ufficio a Prato e vive serena con il suo compagno Stefano, taxista, noto sulla piazza con la sigla “Milano 25”. Ma nell’agosto del 2001 il destino si mette di traverso: Stefano muore per un tumore ai polmoni lasciandole il taxi e l’eredità di un lavoro che lui riteneva “sociale”. “Sarai tu ‘Milano 25’”, le dice poco prima di morire. E così è stato. Caterina lascia l’ufficio e raccoglie il testimone. Sulle prime è una risposta d’amore al suo personale dolore. Ma l’amore di uno spirito aperto e generoso come Caterina si espande presto, si apre al mondo, dilaga.
Prende la guida di quel taxi “Milano 25” e in breve, oltre ad essere una normale auto in servizio pubblico, lo trasforma in un motore d’amore. Nel 2002 è la svolta, per un incontro casuale. Sul taxi di Caterina salgono Paolo e Barbara insieme alla loro figlioletta Costanza di tre anni. Fu proprio la piccola a scegliere “Milano 25” perché sul cruscotto c’era un enorme fiore e, chiacchierina com’era, raccontò a Caterina che aveva anche un fratello, Tommasino, ma che purtroppo era volato in cielo. Caterina viene a sapere che il bimbo era morto per un tumore cerebrale e che i genitori avevano dato vita ad una fondazione benefica per sostenere la ricerca sui tumori nell’infanzia, nonché la cura e l’assistenza dei piccoli colpiti da queste gravi patologie.
La storia la coinvolge al punto che da quel giorno iniziò ad effettuare corse gratuite per l’ospedale pediatrico Meyer, a favore dei familiari e dei bambini malati di tumore. Quelli che Caterina chiama i “super eroi” e che lei fa dipingere sul suo taxi. Quei bambini diventano personaggi da fumetto, disegnati (da Karin Engman) come loro stessi si immaginano (una gattina, un delfino, un lupo, un istrice…). Ognuno di loro ha il proprio particolare “super potere”, tutti hanno quello di dare a Caterina (e a noi) una lezione di vita e la forza di andare avanti.
Giorno dopo giorno, per le vie di Firenze ora spicca un taxi allegro e inconfondibile, con i grandi disegni dei “super eroi” sulle fiancate, e, sui sedili, pupazzi, pelouche, palloncini e caramelle. Al volante c’é sempre Caterina, colorata e vivace. Col suo sorriso diretto e sincero, coinvolge subito chi entra nel suo taxi, nel gioco insolito del “Maggiolino tutto matto”. Eccentrica e irresistibile, Caterina-Milano 25 diventa un personaggio fantastico e reale, un misto tra Mary Poppins e Patch Adams, il medico-clown (interpretato da Robin Williams in un celebre film) che ha invitato Caterina perfino in Russia, dove il medico americano è attivo da più di 20 anni in ospedali pediatrici, orfanotrofi e asili.
Caterina tiene molto a far bene il suo lavoro di tassista: “onora il mandato” avuto dal suo compagno scomparso, ma soprattutto ama il suo lavoro perché le permette di entrare in contatto con le persone e i loro problemi. Nessuno sfugge all’atmosfera complice e allegra che riesce a creare. Sembra un’amica con cui confidarsi più che una taxista alle prese con lo stress del traffico. La sua capacità di ascoltare e capire le persone, anche nei pochi minuti di una corsa, lascia il segno. Sempre. Fosse anche soltanto per un sorriso, per una battuta non banale, per quella piccola pausa intelligente e imprevedibile che ti regala una carrozza colorata che è un taxi ma non solo. Turisti o uomini d’affari si lasciano coinvolgere nel grande gioco che la vede protagonista e testimone di tante vicende umane, del dolore e della gioia, delle lacrime e dei sorrisi dei bambini. Tant’è che nel novembre del 2007, in Palazzo Vecchio, l’assessore Eugenio Giani nomina “Milano 25” : “ambasciatrice di solidarietà” per la città di Firenze.Nel 2012 la sua prima macchina “margherita” diventa monumento delle solidarietà della città di Firenze e viene collocata nel giardino dell’ Orticoltura di Firenze con grande cerimonia pubblica. Sempre nel 2012 Caterina Bellandi diventa cittadina onoraria di Monte San Giusto nelle marche famoso per il festival internazionale clowneclown .
In città e non solo, la conoscono tutti e ha tanti amici che spesso coinvolge nelle sue imprese. Come lei, sono “spiriti liberi”, curiosi della vita, attenti ai bisogni di chi è meno fortunato. Sono quei “pazzi” che credono di cambiare il mondo… e, a volte, ci riescono. “Milano 25” diventa un’associazione senza fini di lucro (Onlus), apre un sito internet (www.milano25.com
). In pochi mesi raggiunge oltre 22000 amici solo su facebook. E molte altre persone che hanno riscoperto la vita attraversando il dolore, altri che ritrovano se stessi in un gesto di solidarietà o anche solo nel conoscersi meglio, fuori dalle convenzioni, entrando nella grande favola di “Milano 25” che Caterina porta in giro per la città, e per l’Europa.
Caterina Bellandi è il ‘capobanda’ di questo mondo, come ai tempi della scuola e come la dipinge, meglio di chiunque altro, Cecilia Sandroni , una tra i tanti amici ‘pazzi’: “Caterina, la tassista di ‘Milano25’, una donna che è riuscita a rielaborare il dolore della morte di un proprio caro trasformandolo in amore per la vita e per chi ne ha bisogno. La sua è una storia d’amore che spesso diventa storia di tutti coloro che si imbattono in lei, in quei piccoli sprazzi di vita trascorsi a bordo di un colorato taxi , diverso, unico, che sembra un mondo di fiaba… Una vita diversa, fatta di semplici gesti quotidiani capaci però di alleviare la sofferenza psicologica al prossimo, strappando un sorriso alla malattia e al dolore e regalando speranza. Lei, la donna dai cappelli fioriti e stravaganti, dall’abbigliamento coloratissimo, dagli stivali con i topi bianchi… Lei che a prima vista può apparire eccessiva, troppo vistosa, dalla lacrima facile. Lei che passa parte della sua giornata ad accompagnare e distrarre i bambini malati del Meyer. Lei che la trovi al supermercato a far la spesa per i genitori di quegli stessi bambini. Lei che offre la propria ospitalità ad alcune famiglie in difficoltà. Lei che parte per l’Albania, perché un pomeriggio riceve la telefonata di un bambino che le chiede “portami a casa”. Lei che non esita a raggiungere Patch Adams a Mosca, attraversando l’Europa con il suo taxi. Lei, sempre lei, che accompagna le spose. Lei che costringe noi amici a lavorare la notte per lei, messi a letto i nostri figli e dopo una giornata di lavoro… Lei, complicata, dal grande sorriso, generosa, ingestibile, bella. Lei, che una volta faceva la moglie e l’impiegata e che un giorno ha radicalmente cambiato la sua vita per diventare un instancabile motore di solidarietà. Lei, che riesce a capire il dolore e che scommette con coraggio sulla vita. Lei, sempre e comunque, che sente il fruscio degli angeli… attorno. Lei”.
la Luna rosa e una potente dose di energia positiva al concerto di Jovanotti a Firenze ieri sera allo stadio Franchi.
Capitato e scelto in mezzo minuto di far parte della squadra della Misericordia, in servizio sanitario al concerto di Jova ieri sera. Una maratona iniziata alle 13,15: ritrovo delle squadre in sede. Partenza , destinazione viale M. Fanti, di fronte alla tribuna…il servizio esterno fino alle 19,30. Una squadra simpatica, giovane, impegnata e variegata, un clima stupendo : brezza e sole, all’ombra sotto un platano. eravamo in terza chiamata, per fortuna nessun servizio per noi, e questo vuol dire che si sono sentiti male in pochissimi: OTTIMO
Entrarti in tribuna, verso al curva “ferrovia”.. vuol dire avere di fronte la curva Fiesole ed essere sotto il palco che avrebbe ospitato Jovanotti .
una serata bellissima:
Questo ragazzo l’ho sentito cantare la prima volta alla fine degli anni ’80. Ieri sera sentire nel cuore e ascoltare dal vivo la canzone e la musica che nel 2005 mi fece emozionare e che dedicai ai miei amici ritrovati, vedere quest’uomo che ha la stessa età di una persona che ho amato e che ricordo con struggimento, guardarlo saltare, ballare ridere e gridare come un fanciullo felice che alla fine ci augura …