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“Ciao, che fai?” Questa domanda viene rivolta regolarmente a chiunque si affacci al proprio balcone oppure esca dal portone verso le 14,30. E’ Patrizia. Alta, allampanata, smagrita, due grandi occhi scuri indagatori, sovrastati da sopracciglia impegnative e disordinate. La pelle bianchissima è cadente a causa di un importante dimagrimento. I capelli grigi alla radice, neri verso le punte, con una frangetta corta, regolarmente e naturalmente spettinati. Lei sta in vestaglia sbottonata e camicia da notte, ciabatte e calzini incurante del clima. Le lunghe braccia magre, qualche volta intrecciate oppure stanno appoggiate alla ringhiera quando le lunghe dita non sorreggono un sigaro e fanno impressione nel contesto le lunghe unghie laccate. 14:30 quella è la sua ora d’aria, non si discute. Puntualmente la domanda di rito viene rivolta a chiunque passi dal cortile. Ciao, che fai? c’è Tizio? sei da sola? Sei stata alla Coop? c’è gente? Dov’è Caio? Ma è il “che fai” che introduce il resto dell’interrogatorio, e a volte mi irrita, più spesso mi sorprende. Una volta ho rimandato la domanda, E te che fai?, “io? nulla!!” e un suo gran sorriso ha chiuso la conversazione.

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